giovedì 14 dicembre 2006

L'INTERVENTO DI UNICOMAL AL CONVEGNO "LAVORO E AMBIENTE"

Voglio sottolineare l’importanza dell’evento odierno in cui, per la prima volta, si confrontano le ragioni ambientali e le ragioni occupazionali relative al problema Malpensa e, ribadisco, problema e non opportunità.
Noi ambientalisti comprendiamo le ragioni dell’economia, concordiamo con la difesa dei diritti dei lavoratori, ma non siamo d’accordo sull’assioma, storicamente consolidato, che dice: “i posti di lavoro a qualsiasi costo”.
Lo sviluppo e le ragioni dell’economia devono essere considerati valutando l’impatto dei progetti secondo quanto prescritto dalle leggi.
Negli anni ’70 un’azienda del gruppo Montedison scaricava nel mare di Follonica i tristemente famosi fanghi rossi di Scarlino, residuo della lavorazione del titanio. Dopo esposti e denunce il Magistrato decretò che lo scarico doveva cessare. L’azienda, per non investire nella depurazione, minacciò la chiusura ed il Magistrato, sottoposto alle pressioni sindacali, ritirò l’ordinanza per salvare 200 posti di lavoro. Ma l’anno dopo, per motivi aziendali, i 200 posti saltarono comunque.
Quanti anni sono trascorsi? Abbiamo imparato qualcosa? Pare di no.
Un anno fa, dicembre 2005, convegno organizzato dal movimento NO-TAV a Torino.
Argomentazioni pesanti, motivazioni inconfutabili, presenze illustri: esperti, tecnici, sociologi, persino un sindacalista molto noto ed esposto sullo sviluppo di Malpensa ma, sorpresa, non diceva le stesse cose, no, diceva che, in principio, ci aveva creduto, ma poi aveva capito. Aveva capito, diceva, che lo scambio posti di lavoro ambiente non regge, che le infrastrutture troppo grandi producono più danno che beneficio e quindi confermava, con la sua esperta e documentata opinione, che (anche) alla TAV in Val di Susa era contrario pure lui e dava il suo appoggio alla lotta dei valsusini. Bene, pensammo, abbiamo un nuovo alleato a Malpensa ma, noi ingenui, dovevamo ancora scoprire che tali personaggi hanno, nel loro guardaroba, una divisa per ogni tavolo.
Voglio sottolineare che non mettiamo in discussione il ruolo sindacale, quello che non condividiamo è l’abbandono della mission propria del sindacato, la tutela dei lavoratori.
Tutela dei lavoratori è anche non collaborare alla creazione di mostri gonfiati il cui miraggio attira migliaia di lavoratori che poi, quando il mostro si sgonfia, si trovano ad essere gettati dalla finestra senza paracadute.
A volte l’azione sindacale si riduce a mera tutela dell’occupazione e quindi, a ragione o a torto, le associazioni sindacali vengono incolpate dei dissesti aziendali (Ferrovie, Alitalia).
A volte la tutela è, aprioristicamente, per gli interessi dell’imprenditore e quindi, ed è il caso di Malpensa, incuranti del fatto che c’è un piano regolatore non rispettato e quindi l’ambiente e la salute degli abitanti ne subiscono un sopruso enorme, si appoggia lo sviluppo incontrollato in nome dell’occupazione che, noi lo diciamo da almeno 5 anni, è precaria, dequalificata, malpagata e viene contata e ricontata 2 o più volte.
L’anno scorso, dopo un’esagerata enfasi sull’occupazione, a cura dell’ufficio propaganda di SEA, fonti sindacali hanno reagito e denunciato, finalmente, che l’aeroporto è purtroppo il tempio del lavoro precario, già oltre il 65%, e questo lo si sapeva già ma diciamo noi da anni, Malpensa, in ultima analisi, crea disoccupati e disadattati, quindi un pesante costo sociale.
Chi non crede chieda ai servizi sociali dei comuni del circondario, i comuni della cosiddetta “Grande Malpensa”.
Aggiungo che, chi sostiene le falsità propagandistiche lanciate a supporto dello sviluppo esagerato di questo aeroporto, è complice e come tale è colpevole del danno provocato ai comuni, agli abitanti a tutto l’ambiente del parco del Ticino.
Voglio qui ricordare un assioma che abbiamo imparato dagli esperti di questa materia: le infrastrutture scambiano danno ambientale e beneficio sociale, Malpensa invece produce danno ambientale e maleficio sociale.
E allora la domanda è: riusciranno mai i sindacati a capire che non basta la mera tutela dei posti di lavoro avulsa dal contesto generale?
Noi diciamo: non vogliamo soldi in cambio della salute e lo diciamo perchè, oltre a Scarlino, ci ricordiamo anche della diossina dell’Icmesa di Seveso, del PCB della Caffaro di Brescia... di Bophal, India, solo alcuni nomi in un lunghissimo elenco di tragedie non casuali ma determinate dalla vittoria delle ragioni dell’economia sulle ragioni dell’ambiente e della salute: una sconfitta per tutti.
Ripeto la domanda: sindacalisti, quando capirete?

Gallarate,11/12/2006

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